BDSM Library - La Cascina 1

La Cascina 1

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Synopsis:

Questo è un racconto di fantasia. Mescola elementi realmente accaduti e fatti del tutto inventati. Se sei una persona fantasiosa e hai delle nuove e perverse idee da proporre, contattami a wc4trainer@gmail.com!










Sabato 19 marzo 2005, mattina. Punto di vista di Daniele






- Una mezz'ora di auto e siamo arrivati.


Sono appena sceso dal treno, A. è venuto a prendermi alla stazione.


- Tutto bene il viaggio?


- Tutto bene, grazie!


Sorrido.


- Il posto è una vecchia cascina, ereditata pochi anni fa. Ho sistemato una buona parte della casa, ma rimangono ancora tante cose da fare. Sai, un po' alla volta, anche perché i soldi sono quelli che sono! E poi, diciamoci la verità, ci sono le vecchie stalle che sono fantastiche, a noi piacciono così, vero?


Ridiamo insieme, il nervosismo si smorza.


Avevo conosciuto A. su internet, prima un annuncio, poi alcune mail, Messenger e infine il telefono. Una persona educata e sobria, più grande di me, sia d'età che fisicamente.


"Ti va di passare un giorno da me? Come ospite, non come schiavo. Almeno vedi cosa faccio ai miei schiavi e magari ti viene voglia... o scappi, ahahah!"


Accettai. E adesso eccomi qui.


- Al momento ho uno schiavo fisso. Viene circa due fine settimana al mese, dal venerdì sera alla domenica sera. Sono quasi due anni che lo sto addestrando, quando iniziammo era inesperto, un po' come te! Adesso vedrai il livello raggiunto. Anche se non c'è un limite alla perversione, credo di averlo portato ad un buon punto. Quindi, anche se ti fai tanti problemi sulla tua inesperienza o se hai dubbi di poter riuscire nelle tue fantasie, sappi che per tutto ci vuole tempo e dedizione.


- Ma lo schiavo quando iniziò a che livello era?


- Di sicuro non più di te, a quanto mi dici.


- Quindi, c'è speranza per tutti?!


Un'altra risata ci mise a nostro agio.


- Vedi, la cosa che conta maggiormente è la voglia, la volontà. Certo, anche la fiducia e l'affiatamento tra Padrone e schiavo; anzi, sono fondamentali. Però in quello che piace a noi, c'è una componente psicologica molto forte, per questo credo che ci debba essere anche una predisposizione. E tu ce l'hai!


Un po' imbarazzato biascico un "Grazie...".






Arriviamo alla cascina.


E' una grande costruzione squadrata a due piani. Come mi aveva detto A. una parte è completamente ristrutturata, mentre l'altra, a fianco della prima, è ancora da sistemare.


- Ci sono le stalle, una volta ci tenevano i maiali, forse anche un paio di mucche. C'è anche la cantina e una specie di deposito, veniva usato per la legna e per il fieno, credo. E' là che tengo lo schiavo.


A. parcheggia l'auto nel grande piazzale davanti alla casa, accanto ad un’altra macchina, probabilmente quella dello schiavo. Dietro, proprio a pochi metri, su un lato lungo della casa, scorre l'autostrada, un continuo rumore di mezzi che passano.


- Purtroppo, hanno costruito l'autostrada proprio accanto. E' per questo che non conveniva venderla, così ho deciso di tenerla e usarla per i miei giochi. Tra l'altro, l'autostrada è così vicina che si ha l'impressione che gli automobilisti vedano tutto quanto, non ti dico quanto è eccitante. E ci sono altre cose divertenti, sempre legate all'autostrada, magari un giorno le vedrai. O le vivrai...






Mentre A. è nella stanza accanto che si veste, bevo un bicchiere d'acqua. Dalla porta aperta lo sento parlare:


- Ricordati, questo è un gioco, ma perché funzioni deve essere fatto seriamente. Va sempre distinto il gioco dalla vita reale, però durante la sessione la vita reale e privata deve rimanere fuori e ognuno di noi deve essere convinto di quello che fa.


- Mi sembra giusto.


- Per questo, cerca di essere un giocatore serio e rispettoso. Se in qualunque momento dovessi sentirti a disagio oppure non ti sentissi bene, in silenzio ti allontani e dopo ne parliamo insieme per capire cosa è successo.


- Ho capito.


A. esce dalla stanza. Una vampata di calore mi avvolge, l'eccitazione mi prende e il cazzo diventa turgido.


- Ti piace, eh!


A. indossa una tuta da lavoro blu, non proprio pulita. Un paio di stivali di gomma alla coscia, di quelli da lavoro, rendono il suo abbigliamento irresistibile. Da una tasca pendono un paio di guanti di gomma.


- Di là non è proprio pulito, tieni, indossa questi.


Mi porge un paio di stivali di gomma, sotto il ginocchio.


- Ok, possiamo andare. E ricordati tutto quello che ti ho detto!






La mattinata è calda, il sole piacevole. La grande porta di legno della stalla si apre con un cigolio e lascia entrare la luce e il calore all'interno. Sento uno sferragliare di catene e A. mi indica uno dei cubicoli laterali. Ci avviciniamo e all'interno c'è lo schiavo: in ginocchio, la testa incappucciata e china, le mani legate dietro la schiena con polsiere di metallo, le caviglie ugualmente unite da una corta catena. Al collo un pesante collare di ferro collegato al cancello da una catena non troppo lunga.


Il cubicolo, che secondo A. in passato ospitava i maiali, è lungo circa 2,5 m e largo 1,5 m, chiuso ai lati da un muro di 1,5 m di altezza, posteriormente dal muro della casa e davanti da un cancello di metallo a sbarre verticali. La catena, legata alla base del cancello, consente allo schiavo di sdraiarsi con la testa verso il cancello, di stare in ginocchio, ma non di alzarsi in piedi. Faccio fatica, nella poca luce, a notare la cintura di castità in metallo che copre interamente il suo pene.


A. senza dire niente poggia la suola di uno stivale sulla barra in basso del cancello. Lo schiavo, senza bisogno di comandi, si prostra e inizia a leccare.


- Oggi abbiamo un ospite, schiavo. Cerca di non farmi fare brutte figure, chiaro?


- Si, Signore.


Sono eccitato, vorrei essere al posto dello schiavo. Ma si sa, la fantasia e la realtà sono due cose ben diverse!


- La suola.


Lo schiavo si sdraia per terra e cerca di raggiungere la suola degli stivali, da cui riesce a staccare alcuni pezzi di sporco, forse terra. Il Padrone cambia stivale e solo quando è soddisfatto abbaia un ordine allo schiavo, che si rimette in ginocchio.






- Vieni, ti faccio fare un giro.


Accanto al cubicolo occupato dallo schiavo ce ne sono altri 3, di cui 2 più larghi. Davanti alle stalle lo stanzone è abbastanza grande e spoglio, a parte delle catene che scendono minacciosamente dal soffitto e che immagino senza fatica a cosa possano servire. In fondo alla stanza due porte, una che porta all'altra stanza del piano terra e la seconda si apre su un piccolo disimpegno.


- Da qui si può salire di sopra, ci sono tre stanze che utilizzo per le sessioni, poi ti faccio vedere. Poi, ci sono le scale per scendere in cantina...


Mi porta nella stanza accanto, sempre al piano terra. Più piccola della stalla, sul lato opposto a quello di ingresso c'è una grande porta-finestra in legno. La spalanca e subito vengo sommerso dal rumore dell'autostrada, prima ovattato dagli infissi.


- Come vedi, da questo lato siamo solo a pochi metri dalla strada.


Al di là di una rete di recinzione e alcune piante, corre l'autostrada, transitata da numerosi veicoli.


- Ti dicevo, a parte il fastidio, può essere molto eccitante. Guarda.


Mi indica la parete di fronte alla finestra: fredda pietra con inseriti degli anelli, presumibilmente usati per legare lo schiavo.


- Spesso lascio esposto lo schiavo alla vista dei passanti. Oppure, gli faccio fare compiti umilianti, sempre avendo l'impressione di essere osservato dagli automobilisti. In realtà non credo che si veda molti, da fuori, considerando che qui è abbastanza buio. Però se qualcuno guarda attentamente, sono sicuro che possa vedere, anche solo per pochissimi secondi, quello che accade qui dentro!


- Deve essere molto umiliante!


- Sì, ed eccitante! Oltre che, naturalmente, molto educativo.


- Educativo?


- Sì, come ti ho detto, per me la sessione ha sempre uno scopo educativo. Insegnare allo schiavo a migliorarsi è il mio compito principale.  E c'è sempre qualcosa da imparare, c'è sempre un margine per migliorarsi. Quando lego lo schiavo qui, alla vista di tutti, lo schiavo impara a mostrarsi, ed esporsi. Quando lo umilio, lo schiavo impara a sottomettersi davanti ad altri.


- Capisco.


- Per esempio, oggi, la tua presenza è molto educativa per lo schiavo. Ogni volta che lo sottometto in presenza di altri aumenta la percezione dell'umiliazione subita. E' per questo che mi piace molto esporre i miei schiavi alla vista degli altri. Mi piace umiliarli in presenza di altri e farli vergognare, farli sentire delle nullità, delle merde. Cosa ne pensi? Così non ti convinco, vero?


Un lieve imbarazzo nel rispondere:


- No, anzi...


- Ti vergogni nell'ammettere le tue pulsioni, vero?


- Beh, sì, forse un po'.


- E' giusto così, devi vergognarti quando ti umilio, devi imbarazzarti quando ti chiedo qualcosa di perverso, altrimenti che gusto ci sarebbe?


Altra risata, a sottolineare la sua volontà di mantenere tranquilla la situazione.


- Adesso torniamo di là, chissà cosa starà facendo lo schiavo!






Naturalmente lo schiavo non si era mosso di un millimetro, sempre in ginocchio, la testa china, in attesa. Il Padrone si avvicina e apre il grande lucchetto della catena al cancello.


- Raggiungici di sopra. Sulle ginocchia.


- Si, Signore.


Controlla l'orologio:


- 3 minuti, sbrigati.


- Si, Signore.


Ci avviamo alla porta per andare sulle scale, mi volto e vedo lo schiavo uscire dal cancello e, molto lentamente, strisciare sulle ginocchia, la corta catena alle caviglie gli impedisce di essere più veloce. Un po' sono in pena per lui, un po' lo invidio...


- Eccoci, qua è dove avvengono la maggior parte delle sessioni. D'inverno queste stanze sono un po' fredde, le stufette non scaldano molto, quindi a volte ci trasferiamo nell'altra parte della casa. Ma in questo periodo la temperatura è perfetta!


La stanza più grande volge verso il piazzale, le altre stanze, invece, di lato e verso l'autostrada.


Ci accomodiamo su due vecchie poltrone di pelle su un lato della stanza e sentiamo lo sferragliare delle catene dello schiavo, in particolare quella attaccata al collare che strascica lungo le scale in pietra. E finalmente lo vediamo entrare nella stanza, un ginocchio dopo l'altro, affannato nel cercare di fare velocemente. Il Padrone controlla l'orologio.


- 30 secondi di ritardo.


Lo schiavo si prostra davanti al Padrone:


- Chiedo perdono, Signore.


Con la fronte appoggiata per terra, lo schiavo attende il suo destino, ma il Padrone decide di continuare la nostra chiacchierata, appoggiando gli stivali sulla schiena dello schiavo.


- Nella stanza qui accanto c'è una vecchia camera da letto. Quando non è troppo freddo la uso per le sessioni, a volte ci dorme lo schiavo, anche se spesso rimane incatenato nella stalla, per la notte, oppure sotto al mio letto.


Poi, rivolgendosi allo schiavo:


- Il frustino.


Lo schiavo immediatamente si alza sulle ginocchia e striscia fino ad un vecchio porta ombrelli da dove preleva con la bocca un lungo frustino da equitazione e lo porge al Padrone, che di nuovo si rilassa usando lo schiavo come poggiapiedi.


- Poi c'è un'altra stanza, quella sul lato della strada. Sai già la funzione!


Casualmente assesta un paio di colpi sul culo dello schiavo, che accetta in assoluto silenzio.


- E' addestrato a sopportare il dolore nel massimo silenzio, vero schiavo?


- Sì, Signore. Grazie, Signore.


Immediatamente il Padrone assesta due colpi più forti, che lo schiavo sopporta con grande sforzo.


- Poi, c'è una stanza abbastanza piccola. Una volta, come puoi immaginare, non esisteva il bagno in casa. La stanzetta fu usata come bagno solo poco prima che la cascina venisse abbandonata. Adesso c'è ancora il bagno, anzi, il cesso. Lo scarico va direttamente di sotto, nella stalla. Ma, come puoi immaginare, nulla va sprecato!


Si sbottona la patta della tuta da lavoro.


- Guarda.


Fa uscire il cazzo, semirigido.


Un colpo secco con il frustino accompagna il suo ordine:


- Schiavo, fai vedere al nostro ospite come sei bravo a bere...


Lo schiavo si posiziona con la bocca spalancata a pochi centimetri sotto la cappella del Padrone. Pochi secondi e il Padrone inizia a pisciare direttamente in bocca allo schiavo. Un flusso lento ma continuo di piscia riempie la bocca dello schiavo, che deglutisce senza sosta e senza lasciar cadere nemmeno una goccia.


Guardo con estremo interesse, eccitato, invidioso della bravura dello schiavo.


Le ultime gocce escono, lo schiavo allunga la lingua per lapparle dalla punta della cappella e poi, seguendo l'ordine del Padrone, si rimette in posizione prostrata, gli stivali appoggiati sulla schiena.


- Come vedi, l'addestramento è stato efficacie.


- Complimenti, davvero molto bello!


Un sorriso di A., a sottolineare la propria soddisfazione.


Poi, toglie il lucchetto alle catene che collegano i polsi e le caviglie.


- Schiavo, nella stanza sulla strada, fatti trovare in posizione.


Mentre lo schiavo striscia nella stanza accanto, A. continua a parlarmi dell'addestramento.


- Ok, a questo punto lo schiavo dovrebbe essere pronto, andiamo di là, ti faccio vedere un'altra interessante punizione...






La stanza è abbastanza grande, anche se non come quella precedente.


Lo Schiavo è legato con le cavigliere fissate a due anelli sul pavimento, le gambe ben divaricate. Le braccia, ugualmente, pendono da due catene fissate ai polsi e anch'esse ben divaricate.


Sono perplesso su come sia riuscito a legarsi da solo. E A., intuita questa mia curiosità mi spiega:


- Ormai ha imparato a farlo da solo, anche se, come vedi, le braccia non sono ben stirate. Guarda.


Va in un angolo, dove è fissata una fune, che A. slega e avvolge intorno ad un piolo. Questo permette di tirare verso l'alto le catene che legano i polsi dello schiavo, stirandolo in posizione.


- Ecco, adesso è perfetto!


Davanti allo schiavo c'è la finestra spalancata, con la vista sulle automobili che percorrono l'autostrada. Mi sento a disagio per lo schiavo, così mostrato a tutti quanti. Anche se A. ha detto poco fa che probabilmente è difficile che qualcuno riesca a vedere, mi sembra che tutti stiano guardando in alto verso di noi...


- Guarda, il maiale...


A. mi fa notare come il cazzo dello schiavo sia in erezione, anche se costretto nel tubo metallico della cintura di castità.


- Si eccita nel mostrarsi agli altri, nel far vedere il lurido schiavo che è. Sei uno sporco verme, uno schifosissimo maiale!


E con questo partono una serie di colpi di frustino.


Inizialmente lo schiavo cerca di stare zitto, ma man mano che i colpi si accumulano sul sedere, lo schiavo inizia a lamentarsi e a muoversi.


Il Padrone si sposta davanti e gli prende il mento con una mano:


- Allora? Non hai imparato niente in questi mesi?


Lo schiavo ha il fiatone, come se avesse corso. Non riesce a capire se la domanda sia retorica o se richieda una sua risposta.


Il Padrone gli assesta due schiaffi.


- Adesso inizierò di nuovo. Questa volta sarai punito per i 30 secondi di ritardo. Mentre soffrirai, cerca di pensare al tuo errore e cerca di essere grato della correzione che ricevi.


- Si, Signore. Grazie, Signore.


Eccitato, guardo la scena come un sogno.


Il Padrone inizia nuovamente a colpire lo schiavo, che mugola di dolore ma ce la fa ad arrivare fino in fondo.


Il Padrone lo slega e lo schiavo si accascia al suolo, stremato per la fatica, sia della fustigazione che della severa posizione.


- Non ti dimentichi niente?


Lo schiavo immediatamente si prostra a baciare gli stivali del Padrone e con trasporto:


- Grazie, Signore, grazie!






Nella grande cucina, nella parte ristrutturata della casa, stiamo finendo di mangiare. Lo schiavo in ginocchio, sotto al tavolo, durante tutta la durata del pranzo, non aveva mai smesso di leccare gli stivali del Padrone, se non per preparare i piatti e servirci.


- Il caffè è quasi pronto. Mangiato bene?


- Ottimo, veramente!


- Bene! Adesso ti faccio vedere cosa mangia lo schiavo.


Tira la catena attaccata al collare dello schiavo fino a farlo uscire da sotto al tavolo.


- La tua ciotola.


Lo schiavo striscia fino ad un angolo della cucina dove, accanto alla pattumiera, si trova una grande ciotola in metallo, quelle per i cani. Con le mani, legate davanti, la raccoglie e torna verso il tavolo. Si mette accanto al Padrone, con la ciotola ad altezza del tavolo, sicuramente è abituato a questa routine.


Il Padrone raccoglie gli avanzi dai piatti e li versa nella ciotola.


- Mi passeresti anche il tuo piatto?


Gli passo il mio piatto, che A. ripulisce con una forchetta e versa tutto sempre nella ciotola, dove si accumula una generosa porzione di avanzi.


- Gustoso, vero? Ma adesso viene il meglio.


Si sbottona la patta della tuta e tira fuori il cazzo. Lo schiavo, bene istruito, abbassa la ciotola e lascia che il Padrone ci pisci dentro. Una lunga pisciata ad innaffiare per bene il cibo, che adesso sembra più una zuppa.


- Bene, è veramente disgustoso, non trovi.


Un po' in imbarazzo, cerco di sembrare naturale.


- Sì, abbastanza.


Ma molto eccitante, penso!


A questo punto lo schiavo posiziona la ciotola per terra, facendo attenzione a non farne cadere il contenuto. Prima di prostrarsi per mangiare il Padrone lo ferma.


- Oggi voglio essere generoso, giusto perché abbiamo un ospite...


Beve un sorso d'acqua, che usa per sciacquare per bene la bocca e poi sputa nella ciotola. Non contento, si schiarisce la gola più volte e poi lascia cadere nella ciotola un grosso globo di saliva.


- Bene, adesso è condito per bene, non credi lurido schiavo?


- Sì, Signore. Grazie, Signore.


Lo schiavo, prostrato e con le mani dietro la nuca, consuma con voracità il pasto, leccando accuratamente la ciotola fino a farla splendere.


A. mi guarda soddisfatto, cercando di capire il mio stato di eccitazione.


Sono molto eccitato e, per l'ennesima volta, mi viene da invidiare il povero schiavo fortunato!






Continua...

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